Uno scenario suggestivo, una colonna sonora emozionante, una coreografia che racconta una storia: lo spettacolo "Materiali resistenti. Tra marmo, arte e danza. Le anime del marmo" ha fatto vivere il Castello del Pignaro di Pontremoli con le varie anime che compongono questo spettacolo.
La performance comincia in silenzio, senza colonna sonora, e in penombra, nel cortile del castello, per proseguire in altre aree della struttura, con le tre danzatrici che accompagnano il pubblico da un sito all'altro, danzando. La coreografia di Teresa Firmani ha fornito le linee guida per uno spettacolo che i corpi delle danzatrici hanno interpretato col movimento e le fotografie di Stefano Lanzardo con l'immobilismo del marmo.
Un controsenso solo apparente. Fotografie stampate su lastre di marmo, di un marmo che dovrebbe essere bianco, ma che bianco non è, che ha delle venature, e che con esse rappresenta i corpi che l'artista ha scelto di immortalare, già pensando alle immagini stampate su marmo e congelate nel prezioso materiale:
"Non è necessario il movimento per rendere l'idea dell'energia - ha spiegato Lanzardo - anzi, è proprio nell'immobilismo statuario della foto su marmo che riesco meglio a rappresentare quello che è mia intenzione rappresentare: la vitalità del corpo e la sua tensione verso il divino".
E dalle immagini infatti, è possibile ricavare, ciascuno, la propria divinità, la propria tensione verso il divino che parte con una scintilla e emerge poi nelle immagini complete e visibili lì, imprigionate nel marmo.
Una tecnica fotografica che si chiama, non a caso, "frozen", e che prevede la realizzazione degli scatti su set specifici, con una particolare diffusione, quella che consente di mantenere debole il confine tra definito e indefinito, che alla fine spersonalizza i soggetti e crea icone. Per gettare l'uomo in quella condizione che poi è perenne nella sua esistenza: la confusione che egli stesso crea tra icona e realtà. E i movimenti delle danzatrici hanno fatto da contraltare perfetto a questa visione della corporeità e della vita, anzi, era come se la coreografia si facesse interprete di un copione capace di influenzare i soggetti protagonisti delle fotografie: sempre di energia si parla, e solo l'energia è l'obiettivo ultimo della tensione dell'uomo. Anche quando è imprigionato in una fredda, bianca e resistente lastra di marmo.